Brevi cenni storici e normativi della previdenza complementare
Dagli anni Settanta, la pensione pubblica si basa su una convenzione intergenerazionale, cioè viene pagata dai contributi dei lavoratori attivi e le loro pensioni, a loro volta, verranno saldate dai contributi dei nuovi lavoratori. Il sistema sarebbe di per sé efficace ma l’aumentare dei pensionati e il diminuire della popolazione, quindi anche dei lavoratori attivi, hanno creato una lacuna importante allo Stato e il sistema pensionistico e il welfare pubblico sono stati rivisti, con lo scopo di contenere le spese.
Negli anni Novanta si sono ridotte le pensioni e come metodo utilizzato per il calcolo delle stesse si è passati a quello del sistema contributivo, il che vuol dire che la pensione è determinata solamente dai contributi versati nell’arco della propria vita lavorativa. Proprio per le previsioni poco rassicuranti per il futuro, in seguito a questo nuovo ricalcolo le istituzioni hanno dato vita a una serie di provvedimenti per sostenere le pensioni private e la previdenza complementare, chiamata a garantire le risorse sufficienti per mantenere un tenore di vita appropriato.
Il sistema contributivo, esteso nei confronti di tutti i lavoratori con la riforma del 2011, non potrà infatti garantire rendite previdenziali adeguate ed in linea con gli ultimi stipendi percepiti dagli assicurati. Con questo sistema pensionistico vengono presi in considerazione solo i contributi effettivamente versati dal lavoratore e dal datore di lavoro nel corso dell’intera vita lavorativa del soggetto. Il tasso di sostituzione tra reddito da lavoro e reddito da pensione è destinato, pertanto, a ridursi.
Le forme di previdenza complementare hanno l’obiettivo di rispondere al progressivo ed inesorabile impoverimento della pensione pubblica frutto delle riforme degli ultimi decenni.
La normativa che per la prima volta ha disciplinato in modo organico il sistema della previdenza complementare, risale al 1993 con il decreto legislativo n.124 del 93’.
In tale occasione, il legislatore ha consentito a questa tipologia di fondi pensione di continuare a operare in deroga alla disciplina generale.
Nel 2005 una legge successiva – il decreto legislativo n. 252/2005 (sostitutivo del decreto legislativo n. 124/1993) – ha fissato nuove regole per il sistema della previdenza complementare prevedendo anche un graduale adeguamento alla nuova disciplina per i Fondi pensione preesistenti da realizzarsi con un apposito decreto ministeriale (decreto ministeriale n. 62/2007). Infatti col decreto ministeriale 62/2007 si ha il Regolamento per l’adeguamento alle disposizioni del d.lgs. n. 252/2005, in materia di forme pensionistiche complementari.
La normativa vigente prevede tre tipologie di forme pensionistiche complementari a cui è possibile aderire a seconda della propria posizione lavorativa: i fondi pensione negoziali, detti anche chiusi, perché rivolti solo a specifici gruppi di lavoratori facenti parte di un determinato settore lavorativo, i fondi pensione aperti destinati, tipicamente, a tutti i lavoratori o gruppi di lavoratori privi di fondi pensione negoziali o trasferiti da fondi negoziali. I Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP) consistono in polizze assicurative a carattere individuale con finalità previdenziali promosse da compagnie assicurative alle quali possono aderire sia i lavoratori dipendenti che gli autonomi.
CHE COSA RAPPRESENTA LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
La previdenza complementare è una forma di previdenza privata e volontaria che si aggiunge a quella obbligatoria, ma non la sostituisce.
Pertanto, la previdenza complementare è una forma di previdenza integrativa e volontaria che si aggiunge a quella obbligatoria. È fondata su un sistema di finanziamento a capitalizzazione che consiste nella creazione di un conto individuale presso un fondo pensione in cui affluiscono i versamenti dell’aderente, che vengono investiti sui mercati finanziari. Al momento del pensionamento la somma maturata viene liquidata sotto forma di rendita e/o di capitale.
La previdenza complementare rappresenta una integrazione facoltativa della previdenza obbligatoria.
Ci riferiamo, ai contributi INPS che danno diritto alla pensione al raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge.
È importante sottolineare che la previdenza complementare non può in alcun modo sostituire quella obbligatoria, ma soltanto affiancarla, per questo si chiama anche integrativa.
In sostanza, si tratta di integrare la pensione futura, aggiungendo una rendita alla pensione INPS che spetta al termine del lavoro.
OBIETTIVI DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Tutte le forme di previdenza complementare hanno come obiettivo quello di integrare la pensione obbligatoria attraverso una pensione complementare, in modo da garantire alla popolazione un tenore di vita adeguato a conclusione della vita lavorativa.
La riforma del sistema pensionistico obbligatorio, prolungando la vita lavorativa, ha contrastato almeno in parte la riduzione della pensione pubblica. Nessuno può tuttavia sapere in anticipo quanto tempo sarà ancora in grado di lavorare e a quanto ammonterà, al momento del pensionamento, il totale dei contributi versati.
Risulta quindi opportuno iniziare quanto prima a costruire un secondo pilastro pensionistico dato che, nel corso della vita, anche il versamento di piccoli importi può portare a grandi rendite.
La previdenza complementare è volta alla costruzione di una posizione pensionistica integrativa rispetto a quella garantita dalle forme di previdenza obbligatorie.
VANTAGGI DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
La previdenza complementare garantisce risorse integrative per migliorare il tenore di vita una volta in pensione. Ma i vantaggi si vedono fin da subito: i soldi risparmiati si possono usare per affrontare emergenze durante la fase di contribuzione.
Non solo, la previdenza complementare ha anche un altro vantaggio: una tassazione molto agevolata rispetto ad ogni altra forma di risparmio o investimento. In fase di accumulo, ad esempio, le somme versate sono deducibili dall’imponibile IRPEF fino a 5.164 euro.
La pensione dei lavoratori più giovani verrà calcolata con il sistema contributivo, cioè in base ai contributi effettivamente versati durante l’intera vita lavorativa, anziché sulle ultime retribuzioni. Questo comporterà una riduzione del rapporto tra pensione e ultima retribuzione e, quindi, una pensione più bassa: per questo, è necessario costruirsi la previdenza complementare, cioè una rendita aggiuntiva a quella erogata dal sistema obbligatorio.
La previdenza complementare è conveniente anche per chi lavora da più tempo, perché potrà utilizzare la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita), una nuova misura di flessibilità per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro.
I VANTAGGI IN SINTESI
- iscriversi alla previdenza complementare dà la possibilità di integrare la pensione pubblica con la rendita che il fondo di previdenza erogherà al momento del pensionamento;
- se il lavoratore aderisce alla previdenza complementare, l’azienda versa al fondo di previdenza, scelto dal lavoratore, un contributo stabilito dal contratto collettivo;
- i contributi versati al fondo di previdenza, sia quello dal datore di lavoro che quello del lavoratore, sono deducibili dal reddito imponibile fiscale. E’ prevista una tassazione molto vantaggiosa anche per le prestazioni erogate (rendita, riscatto e anticipazioni);
- i lavoratori del settore privato e pubblico – che sono ancora lontani dalla pensione e hanno cessato l’attività lavorativa – possono ottenere un reddito in attesa dell’età pensionabile, grazie alla Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita).
Tutti i lavoratori possono aderire in qualsiasi momento a un fondo di previdenza. Nella costruzione del capitale, il numero degli anni di adesione al fondo incide notevolmente: molti studi confermano che, per ogni anno di rinvio dell’adesione, il lavoratore perde una parte consistente della rendita finale, di gran lunga superiore all’importo non versato.
IN CHE MODO IL LAVORATORE PUO’ SCEGLIERE LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
La scelta di una previdenza complementare integrativa da parte di un lavoratore dipende dalle opzioni disponibili nel proprio Paese o nel settore lavorativo di riferimento. Innanzitutto bisogna informarsi dettagliatamente sulle opzioni disponibili, effettuando ricerche accurate sulle diverse opzioni di previdenza complementare integrativa offerte e raccogliendo dati su fondi pensione aziendali, piani individuali pensionistici o altre forme di previdenza integrativa.
A questo punto è importante esaminare attentamente i benefici offerti da ogni opzione di previdenza complementare, che possono includere contributi aggiuntivi da parte dell’azienda o del datore di lavoro, opzioni di investimento, flessibilità nel prelievo dei fondi o altre caratteristiche che possono soddisfare le specifiche esigenze finanziarie e di pianificazione pensionistica. Oltre a considerare i benefici evidenziati dalla società di previdenza, però, vanno analizzati costi e rendimenti e la solidità finanziaria dell’ente gestore, puntando l’attenzione sugli aspetti di storicità e affidabilità di quest’ultimo.
I diversi piani possono poi differenziarsi per flessibilità e opzioni di personalizzazione, per esempio per ciò che riguarda la scelta delle modalità di contribuzione, dell’importo dei contributi o delle modalità di liquidazione delle prestazioni pensionistiche.
PERCHE’ CONVIENE ADERIRE ALLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE O INTEGRATIVA
La previdenza complementare può essere conveniente per tanti motivi, da valutare ovviamente a seconda delle esigenze e delle circostanze individuali.
Il primo e più evidente vantaggio della previdenza complementare è quello di poter integrare la pensione nel momento in cui si smetterà di lavorare, il che significa poter contare su risorse economiche aggiuntive che possano permettere di avere un tenore di vita soddisfacente anche una volta a riposo.
Proprio in previsione del rischio che il sistema previdenziale pubblico possa non fornire una pensione sufficiente per mantenere lo standard di vita desiderato durante la pensione, la previdenza complementare viene oggi considerata come la migliore soluzione per colmare questa lacuna, offrendo un reddito supplementare per garantire una maggiore sicurezza finanziaria nel periodo della pensione.
Per facilitare l’accesso alla previdenza complementare e renderla più conveniente, inoltre, sono stati previsti dei vantaggi fiscali, come detrazioni o deduzioni dalle imposte, sui contributi versati, il che può ridurre il carico fiscale attuale e aumentare l’efficacia degli investimenti pensionistici nel lungo termine.
La pensione complementare o integrativa infine risulta essere una valida scelta anche in termini di risparmio a lungo termine, poiché al di là dell’integrazione della pensione statale, essa può essere vista come un investimento utile per accumulare capitale nel tempo, fornendo una base finanziaria solida per il futuro.
ACCENNO AI FONDI PENSIONE VIGILATI DAL COVIP
La previdenza complementare si fonda su un sistema di finanziamenti e capitalizzazioni, che si aggiunge alla previdenza obbligatoria senza sostituirla. Ogni persona che si iscrive ha un proprio conto nel quale vengono convogliati i versamenti, che successivamente vengono impiegati nel mercato finanziario da coloro che sono specializzati in azioni, titoli di stato, quote di fondi comuni di investimento e titoli obbligazionari, e tali versamenti produrranno nel tempo dei rendimenti, variabili in base alle scelte di gestione e all’andamento dei mercati.
Nel momento in cui una persona va in pensione e si iscrive alla previdenza complementare, gli sarà liquidata una rendita in aggiunta alla pensione statale, formata dai risultati di gestione e dai contributi versati.
Per garantire trasparenza e correttezza, per le forme pensionistiche complementari, è stata creata una Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP). La prestazione maturata può essere percepita in capitale, in modo parziale o totale, solo in base a determinate condizioni o la si può percepire anche in mancanza di una pensione che deriva dalla previdenza pubblica.
La previdenza complementare è basata infatti su un sistema di capitalizzazione, nel quale i versamenti di ogni lavoratore vengono investiti in modo autonomo dal fondo di previdenza con lo scopo di dar vita a una rendita.
ACCENNO SULLE LINEE DI INVESTIMENTO E LE POSSIBILI SCELTE
Le forme pensionistiche complementari offrono diverse alternative per investire i propri contributi, chiamate linee di investimento (o comparti). Le linee di investimento si differenziano in base agli strumenti finanziari che vengono acquistati e in linea di massima sono riconducibili alle seguenti categorie: garantite, che offrono una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi (ad esempio, al momento del pensionamento); In caso di adesione tacita, il TFR affluisce a una linea garantita. Successivamente è eventualmente possibile scegliere un’altra linea di investimento bilanciate, che in linea di massima investono in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale; azionarie, che investono solo o principalmente in azioni.
Nei fondi pensione negoziali, la gestione degli investimenti è affidata a operatori professionali (banca, SGR, SIM, impresa di assicurazione) sulla base di una convenzione nella quale sono definiti i criteri a cui tali operatori si devono attenere. Nei fondi pensione aperti e nei piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP), gli investimenti sono gestiti in genere direttamente dalla società (banca, SGR, SIM, impresa di assicurazione) che ha istituito il fondo aperto o il PIP. Le risorse dei fondi pensione aperti e dei PIP costituiscono patrimonio autonomo e separato rispetto a quello della società. I fondi pensione preesistenti possono gestire le proprie risorse finanziarie direttamente oppure affidandole a operatori professionali.
AGEVOLAZIONI A FAVORE DEGLI ADERENTI ALLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE IN SINTESI:
ANTICIPAZIONI E RISCATTI : Per tutti coloro che sono iscritti alla previdenza complementare da più di 8 anni è possibile chiedere un’anticipazione, per un importo non superiore al 75% del capitale accumulato, per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa di abitazione (per sé o per i propri figli), ovvero per un importo massimo del 30% del capitale accumulato, per ulteriori esigenze. Inoltre, per far fronte a spese sanitarie, conseguenti a gravissime condizioni (anche del coniuge o figli), è possibile richiedere in qualsiasi momento un’anticipazione della posizione individuale per un importo massimo del 75% del capitale accumulato. Le richieste di anticipazione possono essere reiterate, anche con riferimento alla medesima causale, fino al raggiungimento del limite massimo erogabile. Inoltre è possibile riscattare tutta la proria posizione individuale nel caso di invalidità permanente o inoccupazione superiore ai 48 mesi, dimissioni o licenziamento. Si può invece richiedere il riscatto di una parte della propria posizione, nella misura del 50%, se inoccupato da almeno 12 mesi (e non oltre 48) ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria.
RENDITA INTEGRATIVA TEMPORANEA ANTICIPATA (RITA):Prima che maturino i requisiti per la pensione obbligatoria, è possibile richiedere l’erogazione di una rendita integrativa temporanea anticipata (cosiddetta RITA), fino al conseguimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia, al verificarsi delle seguenti condizioni: cessazione dell’attività lavorativa; mancanza di non più di 5 anni rispetto all’età per la pensione di vecchiaia; un requisito contributivo complessivo minimo di 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza; almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare. Oppure se ci si trova nelle seguenti condizioni: cessazione dell’attività lavorativa; inoccupazione da più di 24 mesi; mancano non più di 10 anni rispetto all’età per la pensione di vecchiaia; il possesso di almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare. La RITA consiste nella possibilità di ricevere in modo frazionato tutto o parte (a seconda delle proprie esigenze) della posizione individuale fino al conseguimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio. La RITA ha carattere generale e si applica a tutti i lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici) che abbiano aderito a una forma di previdenza complementare a contribuzione definita.